mercoledì 26 febbraio 2014

Civilupo, perché? Chi ce l'ha fatto fare?



Siccome Enrico Rossi ci ha pubblicati sulla sua pagina facebook - e continueremo a ricordarlo finché non griderete basta - in questi giorni il blog di Giovanisì ci ha chiesto di scrivere per loro un articolo che parli del progetto Civilupo, magari con una bella foto di gruppo. La reazione all'inizio è stata olééé, vai si scatta la foto! Te Carlotta piegati un po' sulle ginocchia che sei troppo alta! Te Camilla Vai dal parrucchiere che sembri il cantante degli Europe! Te Giulia mettiti l'occhiale fashion! E andiamo tutti in sala Giunta che la foto la vogliamo davanti al rosso!
Poi però l'articolo andava scritto veramente, e questa cosa ci ha lasciati a tastiere ferme e con mille dubbi sulla weltanschauung del blog.
La domanda di base è: perché? Come ci è venuto in mente? Perché, oltre a quel trilione di compiti che già svolgiamo a ritmi frenetici all'interno degli spazi del Comune, abbiamo voluto accollarci pure sto sbattone allucinante di creare un blog da zero, costruirlo, gestirlo, fare le foto, fare l'account instagram, promuovere il tutto e infine scrivere un post ogni mercoledì e domenica che manco un fine settimana tranquilli tranquilli a Cecina ci possiamo godere?
Indubbiamente averci il blog, in questo momento, è fico. Quando i blog sono nati, una decina d'anni fa se non di più (e qualcuno di noi Civilupi più anziani - cioè Stefania e una delle due Camille - se li ricorda ancora), erano uno strumento di espressione per quei disgraziati che avevano assai scarse possibilità di trovare posto nella carta stampata. Ora i tempi si sono ribaltati, la carta stampata diventa obsoleta e tutti leggono voracemente l'on-line: abbiamo, anche in Italia, dei blogger straordinari, icone dell'ironia e della buona scrittura molto più di tanti giornalisti del tradizionale formato cartaceo. Quindi ok, Civilupo è un blog e col formato blog si è ritagliato la sua minuscola nicchia di autorità nello spazio web degli anni duemiladieci, che nell'ottica di un'esigenza di espressione non è malissimo come inizio.
Tuttavia la chiave di lettura profonda (diciamo) di queste web-pagine montelupine probabilmente è un'altra. E' un discorso di paura, o forse, per meglio dire, di coraggio: che non è quando uno non ha paura, ma quando uno ha una paura tremenda che gli tremano pure le unghie e però sa benissimo che deve andare avanti ugualmente. Chi sta dietro Civilupo è giovane, eppure ha già sperimentato materialmente la precarietà: e la precarietà, al di là dell'ingiustizia, dello sfruttamento lavorativo, dei mille discorsi che vengono propinati a quelli della nostra età sul farsi le ossa e non aspettarsi niente, è soprattutto rappresentata dalla realtà emotiva dell'entrare in un posto, stare lì sei mesi, un anno, due anni e poi doversene andare con una valigia di conoscenze, abilità, socialità e amicizie la maggior parte delle quali non sono né spendibili né praticabili all'esterno di quel certo ambiente lavorativo. Come diceva Norbert Elias, siamo nomadi, non pellegrini: non viaggiamo verso una meta precisa, ma ci spostiamo qua e là, ci accampiamo, decidiamo sul momento, in base alla situazione giornaliera, dove e come spendere le energie e il tempo della nostra vita.
E' una situazione un po' da panico se uno ci pensa intensamente, vero?
Ora, qui al Comune di Montelupo non siamo alle prese con un posto di lavoro precario: questo è un anno più che altro di formazione, abbiamo scelto noi di trascorrerlo così. Resta però lo stato emotivo precario di cui sopra: tra otto mesi addio Comune, addio gruppo di volontari, addio a tante esperienze e tanti casini, a tante mazzate e a tante risate.
Tutti noi allora speriamo che resti Civilupo. Non è detto che il blog resti fisicamente sul web - le piattaforme cambiano, forse blogger, che ci ospita, tra tre o quattro o sei anni non ci sarà più - ma sicuramente resterà una traccia di noi attraverso questa costruzione, quest'esperienza che è il blog che scriviamo insieme, e che dice che abbiamo una certa visione del mondo, certe opinioni su cui concordiamo, certe cose per cui siamo gioiosi e certe altre che proprio non gliela facciamo a sostenerle (pur mettendoci tanto impegno).
E speriamo, anche, che tutto ciò non valga solo per noi. Speriamo che questo diario di bordo resti nel cuore dei nostri lettori.

P.S. Esistono, eh (i lettori)! Ieri ne abbiamo incontrato uno in biblioteca. Ciao Giuseppe, ti lovviamo!

domenica 23 febbraio 2014

Cinque modi assurdi per portare i libri dalla biblioteca al MMAB

(Centro Nautilus)
MMAB is yet to come! Per adesso, però, il Montelupo Museo Archivio Biblioteca significa soprattutto un processo di spostamento e riorganizzazione dei materiali molto complesso, che tuttavia si svolgerà in un lasso di tempo piuttosto breve. Per utilizzare un paragone domestico, sembra di aver comprato una nuova casa e di dover velocemente traslocare: scatoloni un po' dovunque, cose che non si trovano, necessità di dedicare al cambiamento del tempo che prima dedicavamo ad altro. Per non farcela prendere troppo male, abbiamo deciso di ovviare ai temporanei disagi della biblioteca proponendo ai nostri lettori (pochi ma durissimi, ne siamo sicuri) cinque modi alternativi per portare i libri dal Centro Nautilus, attuale sede della biblioteca, all'edificio del futuro MMAB:

1) Elicottero che si attacca al tetto del Nautilus, lo solleva fisicamente e lo scarica sul Museo della Ceramica. Okay, stiamo parlando di due edifici che collidono, ma vuoi mettere il risparmio di tempo e di risorse?

2) Aspettare che sui libri si crei un bello strato di muffa e che comincino a muoversi da soli; dopodiché iscrivere tutti i libri ad un corso di atletica leggera per farli allenare e far sì che lo spostamento dal Nautilus al MMAB si compia in tempi brevi.

3)  Ingaggiare un team di atleti gagliardi divisi in gruppi di 4: uno si posiziona alla finestra del Nautilus e lancia un libro nella Pesa, il secondo lo recupera prontamente all'altezza della ferrovia e lo lancia la terzo che aspetta il primo treno direzione Firenze per lanciarcisi sopra. Arrivato davanti a piazza Matteotti lancia il libro al quarto, che fa lo scatto finale fino al MMAB. Resta da recuperare il terzo atleta a Firenze, ma è alto, giovane, sano e gliela farà.

4) Con uno Stargate.

5) Con il metodo Schopenhauer, già reso noto da Benigni in "La Vita è Bella":



(...speriamo di uscirne vivi! Buona Domenica a tutti voi.)

mercoledì 19 febbraio 2014

Uno sguardo al Museo




(Rivoluzione in corso al Museo)
Mentre al Centro Culturale Nautilus si imballano volumi, schede, storie e ricordi per trasferirsi verso la nuova sede, al Museo della Ceramica ci si prepara ad accogliere questo piccolo grande mondo. Le vetrine piano piano si svuotano, i pannelli si staccano, l'allestimento e l'ordinamento vengono rivoluzionati. Ogni stanza avrà una nuova vita e tutti lavorano attendendo il momento in cui questo si paleserà agli occhi dell'intera cittadinanza. Tra scatoloni, frammenti di ceramica e nuovi progetti due di noi sono qui impegnati a fare qualcosa di utile per i montelupini e non solo.



(Ludovico e HAL al lavoro)




Ludovico, senese DOC ma ormai trapiantato nella Val di Pesa, gira da una parte all'altra del museo come una trottola, perso tra mille pensieri. Sta per laurearsi in Archeologia, lavora al Museo Archeologico sito nel medesimo ridente comune di Montelupo, ogni tanto parte per qualche misterioso scavo e, “last but not least”, svolge il servizio civile presso il Museo della Ceramica. Qui si occupa di classificare ceramiche medievali, accompagnare baldi fotografi a giro per il territorio, aggiornare complicati database, imballare e traslocare opere vecchie e nuove. Il suo strumento di lavoro somiglia più ad HAL 9000, la famigerata macchina-guida dell'astronave di “2001: Odissea nello Spazio”, che ad uno snello computer da ufficio. La sua cavalleria però non gli ha consentito di riprendersi la sua originaria postazione, rubata dalla sua compagna d'avventura.





(Stefania in mezzo al suo disordine di fogli e brochure)
Alla sua destra infatti, nascosta dietro il gigantesco schermo di un Mac, si trova Stefania. La sua sveglia suona ogni giorno alle 6:30, due treni la attendono per condurla da Pistoia a Firenze e da lì a Montelupo. Il suo amore per i cocci è nato per caso, quando la sua relatrice di tesi ha deciso di abortire la sua passione per gli allestimenti di moda e costringerla a scegliere “qualcosa di meno banale”. Si è così rivolta ai musei di ceramiche e ha scoperto un mondo appassionante e ricco, che l'ha portata per la prima volta in quel di Montelupo. Qui ha deciso di rimanere e di svolgere il servizio civile, occupandosi di cantieri d'arte contemporanea, strade della ceramica, comunicazione museale e chi più ne ha più ne metta. Si divide quindi tra due esistenze dedite all'arte: quella montelupina e quella pistoiese, fatta di lezioni di danza a cui arriva immancabilmente in ritardo, prove teatrali a cui partecipa più dormiente che sveglia (le poche ore di sonno si fanno sentire...) e una vita sociale alquanto frenetica. Ma ora come ora non cambierebbe proprio nulla di tutto ciò.


(HAL&Mac... e Brown, la stufa)


Insieme al resto della squadra del Museo della Ceramica, i nostri due civilisti lavorano al MAB che sarà, cogliendo l'occasione di veder nascere dal vivo un così interessante progetto. I risvolti saranno sotto gli occhi di tutti tra pochi mesi, ma nel frattempo non mancheremo di darvene notizia tramite questo canale. Stay tuned!








(Scatoloni e scatoloni...)

domenica 16 febbraio 2014

Il magico mondo del Centro Giovani "La Fornace"


Oggi post fotografico, che è domenica e ci si riposa un po' il cervello.
Due di noi baldi giovani (Giulia e Mattia) stanno facendo la loro esperienza anche al CIAF...una cosa nuova per entrambi! Si stanno mettendo alla prova nel domare e allietare i pomeriggi dei ragazzi che frequentano il centro giovani, con il validissimo aiuto degli educatori dell'Ottavonano e del Piccolo Principe. I due “civilupi” sono stati accolti fin da subito con entusiasmo e disponibilità da parte di tutti e si stanno impegnando al massimo per riuscire a portare un qualcosa in più anche in quel contesto.
Ce la faranno i nostri eroi a portare una ventata di novità ed entusiamo anche al CIAF? Nessuno di noi ha alcun dubbio...di sicuro abbiamo la certezza che ci proveranno.




(Queste foto dell'interno del Centro Giovani le ha scattate Giulia in un raro momento di calma)

P.S. All'improvviso, mercoledì scorso, Enrico Rossi ha deciso di pubblicare un post dedicato a Civilupo sul suo profilo ufficiale di facebook. Lo salutiamo e lo ringraziamo per l'attenzione. Ora che ci legge lui ci toccherà lavorarci bene per davvero, a questo blog, mannaggia!




mercoledì 12 febbraio 2014

In giro per Montelupo con un fotografo - Prima puntata



 La Torre è una frazione di Montelupo. Prende il nome dall’edificio costruito nel corso del ‘300 (allora era la Torre di S. Quirico), appartenuto prima ai Medici e poi ai Frescobaldi. Dopo vari passaggi di proprietà la Torre -l’edificio, non la frazione- è stata acquistata qualche anno fa da un giovane imprenditore ottantasettenne che ha deciso di restituirle lo splendore perduto. È stata restaurata e oggi ospita un piccolo museo privato dedicato al vetro impagliato. O, più semplicemente, al fiasco. La storia del fiasco ha origini antiche, più antiche della Torre. Ma quello che appare significativo è che la storia del fiasco, in queste zone, è anche una storia sociale. Racconta degli uomini e delle donne che hanno abitato questi luoghi tra il Settecento e la prima metà del Novecento. Racconta degli uomini che lavoravano nelle vetrerie, delle donne che intrecciavano la paglia intorno al vetro soffiato. È la storia dei primi scioperi, delle idee che circolano in fabbrica. È, ovviamente, la storia di un’eccellenza toscana, quella del vino che in quei fiaschi veniva imbottigliato e dei contadini che lo producevano. Queste storie vengono raccontate solo in parte dall’allestimento del piccolo museo; sono spiegate meglio dalla voce di Giovanni Bartolozzi, che verrà ad aprirvi il museo se lo vorrete visitare (ingresso gratuito su prenotazione), o da un libro che ha scritto (Fiorenzo e Gigliola. Storia di una fiascaia, Giunti, 2003), una raccolta di episodi della propria vita, che , a dir suo, “è stata tutta un fiasco”. Bene. Ma tutto ciò che c’entra con il Servizio Civile? C’entra. Perché facciamo anche questo. Accompagniamo pure fotografi (in questo caso il simpaticissimo Mauro Filoni, del Gruppo video-fotografico Quinto Zoom) a caccia di tesori nascosti in giro per il comune. E alcune di queste foto saranno esposte nientepopodimeno che a palazzo Medici-Riccardi. Quindi sì, ci saranno altre puntate. Alla prossima. 

 
(Mauro Filoni fotografa i fiaschi)



(La Torre - l'edificio, non la frazione)

domenica 9 febbraio 2014

Montelupo per noi

Montelupo è come una donna con una lunga, lunga, rabbiosa, rassegnata storia alle spalle, e non puoi conquistarla solo offrendole un caffè. E' modesta, composta, mai minacciosa nelle mattine piovose. Mantiene un'aria pulita, di provincia, si allunga in silenzio su quelle sue poche colline, modeste curve di una bellezza un po' da cercare, dimessa, non prorompente.


Montelupo sembra avere il cielo sempre basso sulla testa, e il cielo è un cappello sotto il quale c'è un agitarsi, un serpeggiare di pensieri : c'è fermento, le persone vogliono cambiare, oppure non vogliono cambiare mai e ribollono per questa voglia di rimanere salde, come animali acquatici che si muovono cercando un appiglio nel fluire di un fiume.

Montelupo ha delle buone giornate nelle domeniche alla fine dell'inverno, come questa di oggi: la Pesa, che sta ancora smagrendo dopo due settimane di pioggia, allunga le braccia oltre il ponte di Piazza della Libertà stancamente, come in un languore, in un momento improvviso di rilassamento. Il suo colore è un verde - marrone limpido e screziato dai detriti, bello e placido come gli occhi di certe persone che incontri qui.

Montelupo è cattiva nei pomeriggi e nelle sere autunnali, dove cala una pioggia che impregna i cappotti di umido e increspa i capelli, ed è inutile aprire l'ombrello perché le gocce sono troppo sottili e troppo a vento, sono gocce che si infilano negli anfratti dei vestiti, nello spazio tra l'orlo dei pantaloni e le scarpe, nel breve tratto di collo che la sciarpa non copre, dove il polsino della camicia lascia lievemente scoperto il braccio. In strada, in stazione, in auto o sotto le luci al neon degli uffici, capita allora di sentirsi appiccicosi, invisibili e soli, mortalmente soli.



Montelupo non è una ragazzina, non è appena venuta al mondo, non ti rapisce con la sua salute e la sua freschezza e non ti dice tutto di sé con un sorriso: Montelupo ne ha viste tante, ha la pelle dura, ha lo sguardo pastoso e ardente dell'acqua, della terra e del fuoco. Ha tante cose da dire e per dirle ha bisogno di un minuzioso e articolato discorso, una lunga conversazione da fare davanti a un bicchiere di buon vino, tra persone adulte e che sanno molto delle cose del mondo. Bisogna volerla conquistare con tenacia, Montelupo, essere costanti nel corteggiarla. Perché tutta l'energia investita, una volta che l'abbiamo fatta nostra, Montelupo sa ripagarla con la sua presenza, con la sua avvenenza, e anche con la sua rabbia e la sua introversione, che fanno parte del suo fascino.

Montelupo è come se dicesse:  io sono qui, sono un pilastro di questi luoghi, essere vivente, brulicante, statico; sono stata qui per un lungo, lungo lungo periodo di tempo, un tempo che chi vive e si muove non può toccare né pensare; e sarò qui ancora, con in me più vicende da raccontare di qualsiasi voce umana.

(Le foto presenti in questo post sono tratte dalla pagina facebook del Comune di Montelupo Fiorentino.)

mercoledì 5 febbraio 2014

Dall'interventismo al volontariato



 Salve a tutti appassionati frequentatori di Civilupo, l'unico blog-reality show dove potrete seguire le alterne vicende di un allegro gruppo di otto volontari al servizio dei cittadini montelupini e non solo! Nella puntata odierna li vediamo alle prese con il vivace corso di formazione tenuto dal simpaticissimo Andrea Bellucci (in foto), responsabile della segreteria del sindaco, che per il nostro personale intrattenimento ha imbastito, dall'alto della sua laurea in Storia Contemporanea, una lezione di storia che ci ha condotto attraverso le epoche e le vicissitudini del nostro malandato paese fino all'identificazione del significato di "Difesa della patria", contenuto nell'articolo 52 della nostra Costituzione, che recita così:

"La difesa della Patria è sacro dovere del cittadino.
Il servizio militare è obbligatorio nei limiti e modi stabiliti dalla legge. Il suo adempimento non pregiudica la posizione di lavoro del cittadino, né l'esercizio dei diritti politici.
L'ordinamento delle Forze armate si uniforma allo spirito democratico della Repubblica."

Ma difendere la patria e il cittadino è un dovere che può essere assolto anche pacificamente, aiutando le persone sul territorio e le istituzioni nei loro ruoli di aiuto al cittadino, ed è quello che facciamo noi volontari giornalmente, assolvendo al nostro dovere.
Durante il lungo excursus storico abbiamo ricordato i drammi del nazionalismo totalitario nel nostro paese, dell'uso dei media e dei mezzi di comunicazione come strumento di raccolta di consensi da parte dei regimi, del revisionismo anche attraverso forme più bieche, come in una sorta di nuovo linguaggio, nel quale si tende a sminuire le colpe dando loro nomi più "socialmente accettabili", e così la guerra diviene intervento umanitario, i bombardamenti atto di forza, e Ubi solitudinem faciunt, pacem appellant  (dove fanno il deserto, lo chiamano pace), come ci ricorda il sempre attuale Tacito nel suo Agricola.
 Quindi, assistendo al monumentale documentario "Triumph des willens"-Il trionfo della volontà- di Leni Riefenstahl sul primo congresso post elezione del partito nazista, non ci stupiamo nel vedere solo volti sorridenti che applaudono a discorsi vuoti e autocelebrativi (il che purtroppo richiama la politica odierna di tanto fumo e anzichè l'arrosto una bella vagonata di sterco, si permette di aggiungere il blogger). L'eliminazione delle minoranze, il mettere a tacere i dissidenti, il partito unico è un uso comune a tutti i totalitarismi, (e a tutte le riforme elettorali proposte ultimamente, sembrerebbe) è un sistema che porta alla distruzione e all'immobilismo, perchè  le idee buone non è detto vengano dalla maggioranza -parlamentare-, come ci insegna il film Minority Report (Steven Spielberg, 2002). Dunque cerchiamo di ascoltarci un po di più fra tutti e di dare una mano al prossimo, e, non c'è da dirlo, noi volontari di questo facciamo il nostro motto.
Così fra una citazione hollywoodiana e un evento storico siamo arrivati in fondo alla prima metà delle ore che il nostro Andrea ci dedica, lasciandoci con un bel pò di riflessioni e tanta voglia di fare per dimostrare il nostro valore e la nostra determinazione nell'aiutare la nazione mantenendo i nostri principii di uguaglianza e non violenza.
(Ancora vivi!)

domenica 2 febbraio 2014

Chi c'è in biblioteca e cosa sta combinando


Questo che vedete nella foto è l'interno del Centro Culturale Nautilus di Montelupo Fiorentino, che ospita la biblioteca dove si incrociano i destini di ben quattro del nostro gruppo, la metà di noi. Guardatelo bene perché tra pochi mesi sparirà, smantelleremo tutto. Tutto ciò che ora vive e respira al Centro Nautilus verrà presto trasferito nel MMAB, un grande progetto di co – housing che farà sì che il Museo della Ceramica ospiti biblioteca e archivio.
Al Centro, dicevo, ci bazzichiamo in quattro durante questo nostro servizio civile.

(Matteo, Massimo e Camilla al bancone)
Al bancone c'è Camilla, la più giovane delle due Camille, che coi suoi cappottini con gli alamari, i suoi baschi e i suoi pantaloni a zampa porta una ventata di San Francisco nel nostro cuore per cinque giorni la settimana (e anche una o due serate – per chi non lo sapesse e per i nottambuli, la biblioteca è aperta anche dalle 21.15 alle 23.45). Uno la vede lì, tutta carina nel maglione di lana verdone ma questa tizia ha vissuto sei mesi in Brasile che era ancora al liceo. Al liceo, che io pensavo a comprarmi le magliette piratate dei Muse, lei ha preso ed è andata in Brasile. Ha proseguito poi con altri sei mesi di Erasmus a Lisbona durante l'università, e ora parla il portoghese benissimo, difatti l'ha anche insegnato in una scuola. Ed è una delle pochissime persone che ho mai conosciuto che, oltre a lamentarsi del lavoro orribile che faceva prima di giungere qui, dello sfruttamento, dello scarso rispetto e della paga insignificante che nel 99,9 periodico % dei casi tocca a uno della nostra età, quel lavoro orribile ha avuto anche il coraggio di lasciarlo sbattendo la porta. Che forse è quello che dovremmo fare un po' tutti in questi casi.

(Giulia e il suo occhiale fashion)
Poi c'è Giulia. Giulia è una tranquillissima e per niente ansiosa. Del resto, non c'è da preoccuparsi: sta solo facendo due tirocini per ottenere l'abilitazione come psicologa, programmando vari colloqui per ottenere un altro tirocinio, ristrutturando una casa qui a Montelupo dove presto abiterà, andando in palestra quasi tutte le sere e che altro....? Ah, sì. Facendo il servizio civile in biblioteca e al CIAF. Ogni volta che la vedo so che quasi sempre ha già alle spalle svariate ore di lavoro. E non se ne lamenta mai. Al massimo si preoccupa che quando è fuori dal suo orario di servizio, sparsa per i vari tirocini che svolge nel mondo, qualcuno non riesca a contattarla nel caso avesse bisogno di lei.

Mattia invece è tipo il nostro caso umano personale di nerd che non riusciamo a ripescare dal suo mondo di fumetti giapponesi e videogiochi. Il servizio civile lo fa come Giulia, in biblio e al CIAF. E' giovanissimo – per intenderci, quando è nato lui il Muro di Berlino era già caduto da un pezzo – ama fare i video e ha avuto un'esperienza alla tv nazionale come cameraman. Viene a lavoro con le stalattiti di ghiaccio attorno al naso perché come mezzo di locomozione usa una motocicletta anche se è inverno profondo inverno e la temperatura gelerebbe un orso polare avvolto in un piumino d'oca. E ne è orgoglioso. Si nutre di kebab e altri cibi sostanziosi (la prima volta che si è seduto vicino a me a mensa ho avuto paura) e potrei sbagliarmi ma mi pare di capire che è convinto che ci siano degli aggettivi il cui uso è riservato, su questa Terra, a lui in particolare: ad esempio, “apocalittico”. 
(l'altra Camilla nell'ufficio - bunker)

(Mattia a forza di andare sulla motocicletta col ghiaccio s'è fatto pure male, perciò non abbiamo foto sue.)


Poi c'è l'altra Camilla, la più vecchia, praticamente una dinosaura, che è chiusa in un ufficio-bunker dal quale non passa mai anima viva e nei periodi clou degli eventi montelupini (il suo servizio civile si svolge all'Ufficio Cultura del Comune) sta costantemente al telefono. C'è da stare sicuri che abbia fatto qualcosa di molto brutto nella sua vita precedente per stare lì dove sta, ma lei dice che il suo lavoro lo ama. Allora è proprio vero che l'amore è cieco. 
 

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